"Guarda meglio, non hai visto quel pacchettino grigio, in fondo al sacchetto?"
E lo trovai davvero, quel fagottino che al tatto sembrava un libriccino morbido.
Presi a scartarlo, con furia misurata. A prima vista sembrava una sagoma di cartone, un orsetto, di quelli a cui puoi cambiare gli abiti di carta. A un'occhiata più attenta, si rivelò un abitino beige, alla marinaretta, da neonato.
Sorpresa, muto stupore. Un singhiozzo. Un altro.
Lacrime gonfie e un urlo muto, dentro di me.
"Non posso, non posso, non posso". Ripetuto all'infinito.
Un dolore imploso e implodente, che non lasciava entrare nulla, neanche l'aria. Provai a singhiozzare, provai a farmi strada nell'aria. Ma "non posso, non posso, non posso!". Provai ad alzare la testa, ma le lacrime mi lavavano la faccia e mi facevano il solletico sulla pelle ancora asciutta.
Era un'angoscia infinita, non ne vedevo la fine. Perdurante costanza.
E l'apnea. Sempre più lunga. Sempre più infrangibile. Un singhiozzo dietro l'altro, e non respiravo, non respiravo, non respiravo, quasi affogata dalle mie stesse lacrime.
"Non posso, non posso, non posso". Non potevo respirare?
Un guizzo, un movimento improvviso, uno strappo.
E sono sveglia.
Sono sveglia e respiro. Sono sveglia e non singhiozzo. Sono sveglia e non ho abitini da neonato tra le mani.
Non potevo. Non posso.
Posso?
Roy Lichtenstein
"Hopeless"
1963, oli on canvas
2 commenti:
si può sempre, chicca. pure quando non sembra. specie se lo dicono i sogni.
Purtroppo i miei sogni sono tormentati, ultimamente. Ma catartici, per lo meno.
Ma so che posso. Tutto sta a cogliere l'attimo.
Vidi il fiume Congo scavare con la testa e una lingua d'oro tagliare la foresta...
Posta un commento